Eccomi qui, mi spoglio un attimo dal mio camice (anche se non mi vedrai mai con indosso un camice) e mi metto nei miei abiti più comodi per poterti raccontare chi sono e come sono arrivato fino qui.
L’unica cosa che ti chiedo è quella di aprire il tuo cuore per leggere la mia fantastica storia, con la speranza che una volta giunto al termine, avrai la sensazione di conoscermi da chissà quanto tempo.

La mia storia inizia nel 1991 a Lecce, inizia subito “in salita”. Nacqui con la labiopalatoschisi, praticamente mi mancava un pezzo di labbro, un pezzo di gengiva e gran parte del palato. Da lì inizia il mio pellegrinaggio a Roma, presso l’Ospedale Bambin Gesù, dove incontro dei dottori fantastici che mi hanno accompagnato dai miei 8 mesi di vita fino ai 18 anni in un percorso durante il quale il mio volto è completamente cambiato.

Quello che sentivo però, man mano che crescevo ed acquisivo maggiore consapevolezza del mondo, era che stava cambiando non solo il mio aspetto esteriore ma anche e soprattutto il mio modo di pensare. Vedendo i bambini intorno a me, iniziai a capire che in fondo non ero stato tanto sfortunato a nascere con la labiopalatoschisi e capii anche che intorno a me c’era tanta gente che aveva bisogno di essere aiutata. 

Allora iniziai a chiedermi: “Come posso fare ad essere una persona che aiuta gli altri?” 

Iniziai ad avere un sogno, credo che anche tu che stai leggendo questa storia, quando eri piccolo avevi un sogno. Il mio sogno era di diventare un dottore e di poter restituire anche solo il 10% di quello che stavo ricevendo in quel momento, ma soprattutto speravo di poter essere d’aiuto a quelle centinaia di bambini che vedevo in quelle sale d’attesa.

Nel frattempo diventavo un po’ più grande ed iniziavo a capire il perché mio papà Antonio mancasse quasi ogni sabato ed ogni domenica, ed il perché ogni lunedì mattina mi svegliavo con un regalo o con una maglia di una squadra di calcio ai piedi del letto. Iniziai a vedere papà che preparava la sua borsa mettendo dentro delle maglie nere con sopra uno stemma “Federazione Italiana Giuoco Calcio”. Le maglie poi diventarono colorate ed io ne rimanevo sempre più affascinato.

Iniziai a dire a papà che da grande avrei voluto fare quel “mestiere” ed allora iniziai a guardare partite su partite, a leggere il “Regolamento del giuoco del calcio”, iniziai persino a seguire papà quando andava la sera alle riunioni presso la Sezione Arbitri “L. Rizzo” di Lecce.

Entrai dunque in un altro mondo, quello dello sport.

Come tutti i bambini iniziai a provare decine e decine di sport: calcio, tennis, karate, ballo, scherma, basket, pallavolo, nuoto. Iniziai veramente a passare tante e tante ore sul campo o dentro un palazzetto o in acqua ma comunque, dovevo sempre affrontare delle operazioni che mi consentissero il mio percorso di “ristrutturazione”. 

Durante i periodi di convalescenza pre- e post-operatori ero costretto ad interrompere l’attività fisica ma avevo un altro problema: mi piaceva mangiare, da morire. Ero (e confesso, lo sono ancora) molto goloso. 

Mangiare e sedentarietà si sa, non sono mai andati molto d’accordo e quindi iniziai a prendere peso, tanto peso. Guardando oggi le foto di quando ero piccolo, quasi non mi riconosco. 

Arrivano finalmente i 14 anni, l’anno in cui finalmente potevo iniziare a frequentare ufficialmente il corso per diventare arbitro di calcio (in verità, non so quanti ne abbia frequentati ufficiosamente). Iniziano gli allenamenti ma con me portavo sempre del peso in più, tanto peso in più. Durante la prima operazione per la ricostruzione della parte di labbro mancante mi fu prelevato un piccolo pezzo della guaina che riveste la tibia e probabilmente non si calcificò mai per bene. 

La mia gamba fece stack e dovetti nuovamente fermarmi, questa volta non per un’operazione ma per una microfrattura da stress alla tibia.

L’ortopedico che mi visitò e il medico dello sport che mi prese in cura mi fecero capire che avrei dovuto necessariamente perdere peso, avrei dovuto perdere quel Simone in più che mi portavo dietro.

Andai per la prima volta da un dottore nuovo, il dottore che spiegava come, cosa e quando mangiare. Per la prima volta feci il mio incontro con il nutrizionista. 

Quel modo che aveva di parlare, quel modo che aveva di prendere con dovizia di particolari tutte le mie informazioni mi affascinò, ma soprattutto mi affascinò il fatto che potesse aiutarmi concretamente a realizzare il mio sogno.

Ti ricordi quando all’inizio di questa storia ti ho detto che volevo trovare un mestiere che potesse aiutare il prossimo? Ecco, l’incontro con quel nutrizionista mi fece capire che probabilmente poteva essere il lavoro che mi avrebbe aiutato ad aiutare (scusa per il gioco di parole).

Ho sempre creduto, e credo tutt’ora, che il più bel dono che si possa ricevere è proprio quello di poter donare.

Iniziai il mio percorso da arbitro, senza lasciare però l’altro mio sport preferito, il nuoto. Mi dividevo tra allenamenti sul campo ed allenamenti in vasca, seguendo sempre i consigli che il mio primo nutrizionista mi diede.

Dopo un po’ però, come spesso succede, le motivazioni vennero meno e nonostante continuassi ad allenarmi anche 5 volte a settimana iniziai a non accompagnare gli allenamenti con l’alimentazione.

Nel percorso di un arbitro, succede che prima o poi fai il salto “tra i grandi”. L’anno in cui sarei dovuto essere promosso a livello nazionale ecco che il primo giorno di preparazione estiva la mia gamba fece nuovamente stack. Accidenti, nuovamente il peso che tornava a farsi sentire tutto e la mia tibia sempre un po’ troppo fragile che non regge. 

Ecco allora che iniziano nuovamente le cure, questa volta più dolorose rispetto alle prime che feci. 

Mi rivolsi allora, nuovamente, ad un altro nutrizionista. Questa volta un nutrizionista specifico per lo sport, per cercare di curare ancora di più quei dettagli che molto spesso si trascurano. Va bene allenarsi, ma ho il carburante giusto per farlo? Ho la benzina necessaria per fare quei 10 metri in più, mentre i miei avversari si fermano prima?

Parlando con lui, durante la prima visita, mi raccontò di come iniziò a lavorare nel mondo dello sport prima come preparatore atletico, girando l’Italia e poi come nutrizionista, diventando il nutrizionista della squadra della mia città.

Pensai che dietro alle gesta dei campioni che ammiravo la domenica allo stadio, c’era anche una piccola parte di lui, iniziai a pensare che fosse il piccolo pezzo di un puzzle grandissimo che compone la parola successo.

Tornai a casa, con il suo esempio in testa e le sue parole nel cuore. 

Quell’anno fui promosso a livello nazionale come arbitro e una piccola parte lo devo anche a quel nutrizionista che mi permise di togliermi quella parte in più di me che mi portavo dietro.

Dopo aver riflettuto tanto sul periodo dell’infortunio, capì che dietro i successi di uno sportivo c’è sempre tante persone che lavorano nell’ombra ma che sono fondamentali per poter far si che quell’atleta possa arrivare al successo. Dietro un successo, infatti, oltre alle indubbie capacità dell’atleta ci sono anche altre capacità che altre persone mettono al suo servizio: l’allenatore, il fisioterapista, l’osteopata, il mental coach….il nutrizionista.

Iniziai, nello stesso periodo in cui seguivo il piano alimentare, a scoprire che dietro la scelta di cosa mangiare (ed anche di quando mangiarlo) c’era praticamente un mondo fatto di calorie, macro e micro-nutrienti, che hanno il potere di far girare meglio la nostra macchina e tirare fuori il meglio di noi durante gli allenamenti o durante una competizione sportiva.

A questo, si associa anche il fatto che alcuni alimenti, unitamente all’attività fisica possono dare una svolta alla propria vita ed alla propria performance.

Tuttavia, finito il quinto superiore in me non era ancora radicata l’idea di diventare un nutrizionista. Mi iscrissi alla facoltà di Farmacia, a Chieti. Arbitravo ancora in Puglia e facevo su e giù ogni weekend, passavo più tempo su un treno che a casa.

Ricominciai, per evitare che la vita da fuorisede potesse influire sul mio peso, ad essere seguito da un nutrizionista, diverso dal primo. Lì scoccò la scintilla finale.

Decisi perciò di lasciare la facoltà di farmacia e mi trasferì a Lecce, per frequentare Biotecnologie.

Da lì, dopo 5 anni mi laureai in Biologia, indirizzo Nutrizione Umana. La fine di un bel percorso? Forse…

Iniziai a lavorare come nutrizionista, appoggiandomi presso lo studio medico di un collega arbitro. Poi, poco dopo, il periodo più brutto degli ultimi anni: tutti chiusi a casa per un virus chiamato Covid.

La mia voglia di aiutare le persone però non si fermò, specialmente durante quel periodo. Mi inventai così il “Nutrizionista solidale”, offrivo la mia consulenza in maniera gratuita a chiunque ne avesse bisogno, a chiunque ne avesse avuto voglia. Ero lì, in videochiamata ad ascoltare le persone. 

Sì, ad ascoltare, perché per poter essere veramente di supporto, la prima cosa che si deve fare è ascoltare. Ascoltare le paure, le abitudini, ciò che frena una persona nel raggiungimento di un obiettivo, bisogna in poche parole entrare in perfetta sintonia con chi si ha di fronte, senza trattarlo da “PAZIENTE”, piuttosto da amico (ecco perché non mi vedrete mai con il camice durante i nostri incontri).

L’emergenza sanitaria pian piano ci lasciò un po’ di respiro, le limitazioni si allentarono e rientrai in studio per incontrare dal vivo tutti quegli amici che durante il periodo di quarantena avevano deciso di affidarsi a me, di farsi ascoltare ma soprattutto di farsi aiutare.

Mancava ancora qualcosa però, mancava qualcosa per poter aiutare le persone in maniera definitiva. Ecco, se volevo lavorare con gli sportivi, garantire loro il massimo del mio impegno ed il massimo del risultato, dovevo necessariamente capire il meccanismo che si celava dietro uno sport.

Perché allora non iscriversi alla facoltà di Scienze Motorie? Detto, fatto. Dopo due anni mi son laurato con il massimo dei voti, diventando Chinesiologo.

La laurea in scienze motorie mi ha dato la possibilità di diventare preparatore atletico degli arbitri della sezione di Lecce che operano a livello nazionale. E che bello! Che sensazione stupenda, accendere la TV e vedere gli arbitri che lavorano con me per tutta la settimana in mezzo a quel prato verde. Stavo finalmente realizzando il mio sogno: essere al servizio di chi VINCE.

L’attività in studio intanto continua a gonfie vele e sempre più sportivi si affacciano alla mia porta per ricevere il mio supporto. Posso nominare, ad esempio: Ermes (Arbitro di Serie C di calcio), Diego (Podista specializzato in 10km), Gianluca (Podista specializzato in 10km, 21km e in corso di preparazione per la maratona di Firenze), Andrea (podista agli esordi su tutte le distanze), Gianluca (Capitano di una squadra di pallavolo di serie B), Mattia (rugbista), e potrei menzionarne tanti e tanti altri.

Pensi di conoscermi fino in fondo? Ancora no! Manca un po’ della mia vita privata, ti ho parlato solo della mia formazione e del mio lavoro.

Vive con me un piccolo cagnolino che, da buon arbitro, ho chiamato VAR. Lo abbiamo voluto tantissimo io e Lavinia, e da quando è arrivato la mia vita è totalmente cambiata. Prima che ci fosse lui non riuscivo a comprendere l’amore che si prova verso un animale, tutte le attenzioni che si pongono per farlo stare bene. Da ormai quattro anni, invece, le mie giornate finiscono sempre con una buona dose di coccole che ci facciamo a vicenda io e VAR.

Tre giorni a settimana, nel pomeriggio, continuo ad allenare i ragazzi nazionali della sezione di Lecce, che continuano a darmi tantissime soddisfazioni (e vi confesso che qualche lacrima scappa ancora, così come qualche coccolone quando c’è qualche episodio dubbio).

Nei fine settimana, invece, quando non sono impegnato in qualche parquet di calcio a 5 (sono arbitro nazionale di Calcio a 5, dopo aver calcato i campi della Serie D di calcio a 11), mi diverto con la mia squadra podistica AVIS Novoli a correre. Per ora corro solo le 10km e le 21km ma il mio sogno è quello di poter concludere, almeno una volta, la maratona.

Amo viaggiare, fosse per me viaggerei ovunque, almeno una volta al mese (ok, forse è un po’ troppo).

L’altra cosa che amo è leggere. Leggo di tutto, dai gialli ai romanzi, dalle biografie ai saggi. Tutto ciò che ha delle pagine bianche e delle parole è sempre ben accetto. Ogni mese decido di andare nella mia libreria preferita e scegliere almeno 4 libri da leggere durante il mese. Che bella sensazione quel profumo di libri nuovi…

Ecco, credo di averti detto tutto di me e spero che tu sia arrivato fino alla fine di questo racconto. Se così fosse, ti ringrazio veramente con tutto il cuore per aver cercato di conoscermi meglio e aver capito, prima ancora di incontrarci, chi è Simone.

Ti prometto di mettere lo stesso impegno che hai messo tu, nel conoscerti.

A presto!